20 Apr Acquisto via internet… pentiti? Recesso entro dieci giorni e nessuna spiegazione.
Ancora una volta la normativa europea ha inciso profondamente sul nostro diritto interno, adeguandolo a nuove istanze di salvaguardia delle categorie considerate più “deboli”.
È per questo che oggi vogliamo dedicare questo articolo all’approfondimento della particolare tutela dedicata al consumatore nella disciplina del diritto di recesso contenuta nel Codice del Consumo per i contratti conclusi a distanza o comunque al di fuori di locali commerciali.
Lo scopo perseguito dal legislatore comunitario prima e, da quello interno poi, è stato certamente di provvedere a una razionalizzazione della normativa vigente per perseguire l’esigenza di correzione del mercato, a beneficio e a vantaggio non solo dei consumatori, ma anche delle imprese.
Nell’ambito di questa azione totale volta a garantire un adeguato livello di protezione si collocano i principali strumenti di tutela del consumatore attorno ai quali ruota la disciplina del Codice del Consumo tra i quali gli obblighi di informazione, la disciplina delle clausole abusive nonché il diritto di recesso.
L’e-commerce, che continua a riscuotere sempre maggiore successo sia per la comodità con la quale può essere effettuato l’acquisto che per il risparmio a volte anche notevole, ha stravolto il modo di comperare e di vendere, eliminando il contatto diretto tra venditore e consumatore e instaurando nuove regole di comunicazione. Allo stesso modo i nuovi canali televisivi dedicati allo shopping ed in generale tutti gli acquisti effettuati fuori dai locali commerciali stanno conquistando una fetta di mercato sempre più rilevante, tanto da richiedere un’attenzione particolare da parte del Legislatore.
Con l’introduzione del Codice del Consumo, approvato con D. Lgs. n. 206 del 6 settembre 2005 e in vigore dal 23 ottobre 2005, sono state riformate e raccolte in un unico codice tutte quelle disposizioni – ora abrogate – che in precedenza erano frammentariamente contenute in altri testi legislativi tra cui anche il D. Lgs n. 185/1999 in materia di contratti a distanza.
La normativa indica come consumatore la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta mentre, qualifica come professionista la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, ovvero un suo intermediario.
Il Codice del Consumo prevede, per i contratti a distanza (compresi quindi quelli effettuati tramite internet), un termine perentorio di trenta giorni entro cui il venditore, è tenuto a eseguire l’ordinazione.
Il termine, che resta liberamente derogabile dalle parti, inizia a decorrere dal momento in cui il professionista ha trasmesso l’ordine. In caso di mancata esecuzione entro il termine di trenta giorni (o di quello diversamente pattuito), il venditore è tenuto ad informare il consumatore provvedendo al rimborso delle somme da questi già eventualmente corrisposte.
Trascorso inutilmente tale termine, il venditore può considerarsi inadempiente, con la conseguenza che il consumatore potrà dichiarare la risoluzione del contratto per inadempimento e sarà eventualmente legittimato ad agire per il risarcimento dei danni. Auspicabilmente con l’ausilio di un legale specializzato in materia, il primo passo da compiere in tali casi, consiste nell’inviare una formale comunicazione, con raccomandata con avviso di ricevimento, con cui dichiarare la risoluzione del contratto e intimare il rimborso delle somme indebitamente trattenute.
Qualora entro il termine ulteriormente concessogli, il venditore non adempia all’obbligo di rimborso, conviene fin da subito mettere da parte i miti propositi e azionare i rimedi legali a disposizione. Qualora siano state prese fin da principio tutte le opportune precauzioni, un ricorso per decreto ingiuntivo può consentire entro tempi rapidi e anticipando spese ridotte, di tornare in possesso delle somme pagate.
A patto di avere tutte le carte in regola, non deve preoccupare il ricorso alle vie legali anche per recuperare crediti di modesto importo. È tuttavia condizione imprescindibile aver conservato tutta la documentazione che nel suo evolversi ha scandito le diverse fasi del rapporto di compravendita, dalla e-mail contenti la conferma dell’ordine, fino agli estratti conto attestanti il pagamento, compresa ogni comunicazione inviata dal venditore.
Anche la giurisprudenza in questi ultimi tempi ha compiuto passi da gigante e sono sempre più i tribunali disposti a riconoscere il valore di prova scritta anche a delle semplici e-mail inviate da caselle di posta non certificate.
Dunque a dispetto della sua generica e consolidata natura civilistica, il Codice del Consumo ha riconosciuto in capo al consumatore, per i contratti per l’acquisto di beni e servizi conclusi a distanza e fuori dai locali commerciali, un diritto di recesso unilaterale. La portata di tale diritto conferisce al consumatore la facoltà di sciogliere unilateralmente il vincolo contrattuale restituendo il bene acquistato (o revocando l’ordine) e conseguentemente di ottenere la restituzione del prezzo pagato.
Questa forma di recesso unilaterale presenta connotati assolutamente singolari e non comuni alle ordinarie categoria disciplinate dal codice civile, secondo cui, viceversa, salvo i casi di inadempimento, il recesso è possibile solo ove entrambe le parti di un contratto sia d’accordo.
Tuttavia è opportuno preliminarmente individuare i casi e i limiti in cui è possibile esercitare il diritto di recesso, come disciplinato e previsto dagli articoli da 64 a 67 del Codice del Consumo.
Questa tipologia di recesso può essere esercitato solo in relazione ai contratti di compravendita di beni o servizi, conclusi a distanza, ovvero fuori dai locali commerciali, tra consumatore e professionista, e solo dal primo nei confronti del secondo e mai viceversa. Il venditore deve sempre farsi carico dell’obbligo di comunicare al consumatore la facoltà di esercitare il diritto di recesso che è irrinunciabile e non assoggettabile a penali o limitazioni. Ma aspetto molto importante e certamente singolare è che, il suo esercizio non è limitato alle ipotesi di giusta causa, poiché il consumatore può esercitare il diritto di recesso senza essere tenuto a fornire alcuna spiegazione circa i motivi e le cause per cui intende sciogliere il contratto e ogni clausola volta ad escludere, ma anche solo limitare tale diritto deve considerarsi nulla.
Tuttavia, secondo il tenore della disciplina dettata in materia e la prevalente giurisprudenza, il rispetto delle formalità previste dall’art. 64 del Codice diviene essenziale per l’efficacia del recesso, risultando derogato nel caso di specie il principio della libertà di forma.
Il legislatore del 2005, ha scelto di estendere anche ai contratti a distanza la previsione originariamente contenuta nell’art. 6, comma 3 del D. L.vo 50/1992, specificando che l’avviso di ricevimento non è condizione essenziale per provare l’esercizio del recesso. L’irrilevanza dell’avviso di ricevimento ai fini della prova dell’avvenuto esercizio non implica che, per il perfezionamento della fattispecie, non sia necessario osservare la forma espressamente richieste dal Legislatore. All’uopo il successivo art. 66 precisa che la semplice ricezione della comunicazione di recesso da parte del professionista che fa sì che «le parti sono sciolte dalle rispettive obbligazioni».
Il dato normativo evidenzia che non viene concesso spazio all’effettività della conoscenza da parte del professionista, cui è preclusa la prova contraria ex art. 1335 c.c. in ordine all’impossibilità oggettiva di averne avuto notizia. Posto questo aggravio a carico dello stesso al consumatore viene richiesto, quanto meno, l’adempimento delle formalità prescritte ritenute le più idonee ad assicurare la ricezione e dunque l’ipotizzata conoscenza.
Il diritto di recesso può essere esercitato dal momento della conclusione del contratto fino a dieci giorni dopo il ricevimento della merce. Nel caso in cui il professionista non abbia soddisfatto, per i contratti o le proposte contrattuali negoziati fuori dei locali commerciali gli obblighi di informazione ex artt. 52 e 53, il termine per l’esercizio del diritto di recesso varia da sessanta a novanta giorni e decorre, per i beni, dal giorno del loro ricevimento da parte del consumatore, per i servizi, dal giorno della conclusione del contratto.
La diversità del momento iniziale di decorrenza del termine si spiega alla luce della differenza tra beni e servizi rispetto all’obbligo di restituzione a carico del recedente: nel caso dei servizi infatti non è materialmente possibile restituire quelli che sono già stati eseguiti.
Il diritto di recesso materialmente si esercita mediante l’invio di una lettera raccomandata con avviso di ricevimento alla sede del professionista. È possibile inviare la comunicazione, entro lo stesso termine, anche mediante telegramma, telex, posta elettronica e fax, a condizione che sia confermata, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, entro le quarantotto ore successive.
Nella raccomandata è sufficiente inserire i propri dati, quelli relativi all’ordine e all’acquisto effettuati, comunicando l’intenzione di recedere dal contratto, con l’intimazione di restituire il prezzo pagato entro il termine tassativo di 30 giorni.
Qualora nell’informativa riguardante il diritto di recesso o nell’offerta di vendita o nelle clausole di contratto, ciò sia espressamente previsto, il consumatore può esercitare il diritto di recesso procedendo alla diretta ed immediata restituzione del bene, senza l’onere della preventiva comunicazione.
Qualora sia avvenuta la consegna del bene, il consumatore è tenuto a restituirlo o a metterlo a disposizione del professionista secondo le modalità ed i tempi previsti dal contratto. Il termine per la restituzione del bene non può comunque essere inferiore a dieci giorni lavorativi decorrenti dalla data del ricevimento del bene.
Ai fini della scadenza del termine la merce si intende restituita nel momento in cui viene consegnata all’ufficio postale accettante o allo spedizioniere. Per i contratti riguardanti la vendita di beni, qualora vi sia stata la consegna della merce, la sostanziale integrità del bene da restituire è condizione essenziale per l’esercizio del diritto di recesso. È comunque sufficiente che il bene sia restituito in normale stato di conservazione, in quanto sia stato custodito ed eventualmente adoperato con l’uso della normale diligenza.
Le sole spese dovute dal consumatore per l’esercizio del diritto di recesso a norma del presente articolo sono le spese dirette di restituzione del bene al mittente, ove espressamente previsto dal contratto. Il professionista è tenuto al rimborso delle somme versate dal consumatore. Il rimborso deve avvenire gratuitamente, nel minor tempo possibile e in ogni caso entro trenta giorni dalla data in cui il professionista è venuto a conoscenza dell’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore. Le somme si intendono rimborsate nei termini qualora vengano effettivamente restituite, spedite o riaccreditate con valuta non posteriore alla scadenza del termine precedentemente indicato.
Qualora il bene sia stato acquistato, in tutto o in parte, con l’ausilio di un credito che il professionista o un terzo abbiano concesso al consumatore, l’esercizio del diritto di recesso risolve di diritto anche il contratto per la concessione del credito. Anche in questo caso, al consumatore non può essere addebitata alcuna penale per il recesso, né alcun obbligo conseguente. A tal fine, anche nell’ipotesi in cui il credito sia stato prestato da un terzo, l’obbligo di informare il terzo dell’avvenuto recesso da parte del consumatore, non grava sul consumatore, ma sul professionista.