09 Apr Il Sistema Impresa Italiano e Marchigiano: una Visione d’Insieme
Il Sistema Impresa Italiano e Marchigiano, ovvero tutte le piccole e medie imprese della nostra Regione e del Paese in generale, sta vivendo un periodo di profonda crisi che si protrae da oltre 12 anni, causato dal venir meno del modello marchigiano, tanto osannato negli anni ’90, dalla straripante globalizzazione e dall’incapacità dei nostri imprenditori di fare squadra, di fare sistema.
Banca d’Italia: l’Andamento dell’Economia nelle Regioni Italiane
Imprese troppo piccole, anche quando sembrano medie, (soprattutto all’occhio di chi le ha fondate) per competere su scenari mondiali o con competitori esteri strutturati su dimensioni notevolmente superiori.
Persino Banca d’Italia, ove occorresse, nella serie Economie regionali n. 33 di novembre 2019, (pubblicazione che ha la finalità di presentare studi e documentazione sugli aspetti territoriali dell’economia italiana. La serie comprende i rapporti annuali e gli aggiornamenti congiunturali sull’andamento dell’economia nelle regioni italiane), riferisce:
“L’industria in senso stretto. – Nella prima parte del 2019 l’attività dell’industria marchigiana ha ristagnato e l’accumulazione di capitale si è indebolita.
In base al sondaggio congiunturale della Banca d’Italia, condotto tra settembre e ottobre su un campione di circa 200 imprese industriali marchigiane con almeno 20 addetti, il saldo tra la quota di aziende che hanno conseguito una crescita del fatturato nei primi nove mesi dell’anno e quella delle aziende con fatturato in calo, positivo nel 2018, si è quasi annullato. L’andamento delle vendite è tornato a differenziarsi in modo significativo in base alla classe dimensionale: tra le imprese con almeno 50 addetti si è accentuata la prevalenza dei casi di aumento del fatturato, mentre tra quelle di minore dimensione sono tornati a prevalere i casi di riduzione.”
Basti pensare che l’Italia, pur essendo stata toccata dalla crisi finanziaria in maniera limitata ha subìto una forte recessione nel triennio 2008 – 2010 dovuta agli effetti della crisi sull’economia reale.
Il nostro Paese si è rivelato, tra le economie europee più industrializzate, quello con la performance peggiore.
La moria di imprese micro, piccole e medie non ha risparmiato le Marche. Anzi, qui abbiamo dovuto fare i conti con una combinazione micidiale di accadimenti avversi che si sono susseguiti e, spesso, hanno giocato contemporaneamente: la crisi finanziaria che è diventata anche economica dell’ultimo decennio, il Sisma del 2016 ed il default di Banca Marche. Da non sottovalutare l’impatto di quest’ultimo evento che non ha interessato soltanto le famiglie di risparmiatori ma anche il credito di un intero Territorio.
Parola d’Ordine: Aggregazione
Per sopravvivere, dunque, bisogna aggregarsi e creare massa critica per difendere l’unicità dei prodotti che con tanto sforzo è stata realizzata.
Solo così i nostri imprenditori che non si sono accorti della globalizzazione, potranno aggredite un mercato oggi mondiale. La sfida globale ha richiesto competenze e capacità di adattamento che spesso sono mancate o che non sono state sufficienti. Ci vogliono Professionisti capaci di accompagnare l’Imprenditore verso nuove regole, nuovi modi fare mercato, nuove legislazioni e ci vuole anche la forza di capire che da soli “non basta”.
Specialmente nelle imprese dove il passaggio o l’affiancamento generazionale non c’è stato ancora, l’imprenditore non ha capito, spesso, per tempo che doveva un po’ spossessarsi della sua creatura e metterla in mani capaci che avessero aiutato le proprie. Ma in qualche modo, questo, rappresentava un po’ abbandonare una cosa costruita da soli, sulla scorta dell’esperienza e dover rinunciare ad una zona di comfort. Ma l’esperienza è sempre il risultato dell’imparare dagli errori.
È tempo di Rilanciarsi, di Crescere, di Creare Valore
Un tempo si poteva, ma adesso, il mercato globale non lo permette più. Non è più il tempo delle imprese nate e gestite per una sorta di “autoimpiego”. È tempo di rilanciarsi, di crescere, di creare valore, proprio partendo dalla abilità che contraddistingue l’Imprenditore delle Marche. Questo “marchio di fabbrica” deve essere promosso: il Made in Marche va venduto bene e bisogna far filiera (non bastano i consorzi per dividere le spese delle fiere internazionali): non bisogna chiudersi troppo in se stessi. Ma attenzione a non fare gli industriali con lo spirito dell’artigiano. Il prodotto o il servizio di tipo industriale deve essere il risultato di una moderna organizzazione tecnologica dove l’incidenza del costo del lavoro deve essere minima.
Senza questa visione prospettica i nostri “industriali” si sono trovati a fare i terzisti per mantenere un reddito di sopravvivenza. In seguito la china della crisi si è aggravata ulteriormente, nel 2016, a causa del grave sisma che ha colpito in maniera pesante la nostra regione e quelle limitrofe.
Lo Stato non ha percepito la necessità di sostenere il tessuto imprenditoriale della Regione e di conseguenza la situazione si è ulteriormente deteriorata.
Lo Stato non si è mostrato capace di far ripartire mercato, consumi e occupazione dalla ricostruzione. Al contrario, ha assistito se non indifferente, quanto meno incapace, allo svuotamento ed all’abbandono di interi Paesi.
Purtroppo il fondo non era ancora stato toccato, infatti nel 2016/2017 si è concretizzato il suddetto fallimento delle banche che traevano forza prevalentemente dal territorio marchigiano o comunque dall’Italia centrale, con conseguente riduzione degli affidamenti a favore delle imprese.
Tali eventi naturali o creati per insipienza nella gestione o per il mancato varo a livello governativo degli opportuni provvedimenti, hanno minato ancora una volta l’economia regionale e in particolare quella delle piccole e medie imprese.
La Tempesta Perfetta
La Tempesta Perfetta è comunque in divenire, in quanto, lo Stato non normando o normando male, pensa bene di riassettare il panorama economico nazionale e quindi regionale con il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, introdotto nel gennaio 2019 (l’entrata in vigore è prorogata al settembre 2021 a seguito dei provvedimenti in tema di Emergenza da Covid-19).
Tale norma, come si vedrà, è sicuramente applicabile e utile per le medie e grandi imprese, ma devastante per quelle piccole, che rappresentano oltre l’80% del tessuto regionale. La riforma recepisce la Raccomandazione dell’Unione Europea del 2014, che ritiene di dover eliminare la funzione afflittiva e sanzionatoria del fallimento. Un approccio sicuramente lodevole ed efficace per come sono strutturate le grandi aziende nei paesi dell’area Euro, non appropriato e mal calibrato per il tessuto imprenditoriale italiano, rappresentato da piccole e medie imprese che difficilmente riusciranno ad adeguarsi ai complessi e di certo gravosi meccanismi imposti.
Il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza
Composto da 391 articoli, il Nuovo Codice ha un’ambiziosa finalità, prevenire e contenere la crisi delle imprese italiane, assicurando la continuità aziendale, quindi salvaguardando la capacità imprenditoriale. Non si parlerà più di “fallimento” bensì di” liquidazione giudiziale”. Il debitore una volta estinta la sua posizione debitoria, potrebbe così essere reintegrato nel tessuto sociale.
La chiave di volta è stata individuata dal legislatore nella diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese, tramite l’impiego di organi preposti (Collegio sindacale, Sindaco unico o Revisore) che dovranno segnalare alla società elementi che indichino lo stato di crisi, invitando l’organo amministrativo a riferire, circa la situazione individuata.
Se da un verso è apprezzabile lo spirito di voler anticipare la crisi per non arrivare al fallimento di imprese ormai sfinite e svuotate con danno irreparabile per i creditori e di sgravare i costi pubblici della giustizia che spesso si trova a dover solo dare degna sepoltura alle imprese fallite, da un altro verso, il legislatore mostra chiaramente come non gli appartenga la strutturazione del sistema economico di questo Paese e di questa Regione, nello specifico.
Tale procedimento, lo si ribadisce, funziona in una grande azienda strutturata, al contrario in una piccola e media, carica l’organo amministrativo di oneri eccessivi. Gli amministratori infatti devono rispondere verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, rischiando i beni personali anche a causa di eventi imprevedibili.
Dobbiamo anche ricordare che tra le diverse novità introdotte dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza si evidenzia il nuovo secondo comma dell’art. 2086 del Codice civile:
“L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
Al riguardo risulta quanto mai attuale un principio del nostro ordinamento, quale quello della causa di forza maggiore, per mezzo del quale il debitore può liberarsi dalla prestazione e dalla conseguente responsabilità, in caso di circostanze estranee alla propria sfera di controllo che determinino un impedimento imprevedibile al momento dell’assunzione dell’obbligazione che sia inevitabile e insuperabile.
È evidente che la sospensione delle attività imprenditoriali, perpetrata oggi a causa del Covid-19, rende complesso per gli imprenditori far fronte alle obbligazioni assunte: la diminuzione della produzione e la decrescita dei guadagni rendono difficoltoso, infatti, retribuire i dipendenti o soddisfare i fornitori. Ciò nonostante il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (che entrerà in vigore nella sua totalità nel 2021) impone all’organo amministrativo di vigilare sull’integrità del patrimonio aziendale e sulla capacità dell’azienda di far fronte ai proprio impegni, monitorandone la solvibilità. In caso di default, quindi, gli amministratori dovranno difendersi, dimostrando la diligenza circa i doveri di vigilanza.
La procedura sopra delineata potrebbe comportare, quindi, l’inizio della fine di moltissime aziende che subiscono oggi gli effetti della pandemia. Ed ecco concretizzarsi quella tempesta perfetta, che creerebbe sul nostro territorio una desertificazione con la perdita di gran parte di quelle aziende che, a prezzo di grandi sacrifici, sono sopravvissute sino ad oggi.
Con lo sguardo al Futuro
Si paventa pertanto l’incremento, anziché la riduzione, dei default societari. Per evitarli le persone giuridiche dovranno reinventarsi, riorganizzando scientemente la propria attività imprenditoriale a partire dal dovere di riscadenzare e riprogrammare tutti i pagamenti, alla necessità di profittare delle agevolazioni ed opportunità che lo Stato mette loro a disposizione.
Il Decreto Cura Italia
Il Governo, infatti, per mezzo del cd. decreto Cura Italia, ha previsto specifiche misure (che si dettaglieranno in articoli successivi) in favore delle microimprese (ovvero l’accesso agevolato alle operazioni di microcredito, ad esempio) e delle piccole e medie imprese italiane che hanno contratto prestiti o linee di credito da banche o da altri intermediari finanziari, come la temporanea impossibilità di revoca, la sospensione delle rate di mutui e finanziamenti e dei contratti di leasing, così come la possibilità di rinegoziare quanto non scaduto degli stessi finanziamenti e leasing con l’intervento della garanzia di Mcc).
Sono altresì in corso di predisposizione ulteriori misure di sostegno finanziario alle imprese tramite il rilascio di finanziamenti a tasso agevolato.
Ritengo, però, che solo da una maggiore capacità di organizzazione, di ricerca di sinergie, di integrazione e comunque di un profondo cambio di mentalità, dove nessuno può bastare a se stesso, si potrà uscire da questa burrasca ove colpevolmente o incolpevolmente siamo incappati.
Consulenti e Imprese
In un momento così delicato i consulenti tutti, devono a loro volta “volare alto”, e quindi seguire e comprendere le esigenze delle imprese anticipandone i tempi nei passaggi cruciali. Non più una passiva assistenza, cosa peraltro mai fatta, dal nostro Studio associato, ma una continua e costante verifica della vitalità dell’azienda così da ricercare i giusti rimedi “prima” e non “dopo”.
Lo stato di crisi però, giova sempre ricordarlo, rappresenta solo l’ultimo stadio di un processo degenerativo; anche quando può sembrare il risultato di una condizione improvvisa, la presenza di sintomi già nei mesi o negli anni precedenti è ineludibile.
Per prevenire qualsiasi crisi, però, è necessario individuarne le cause. A poco serve individuare i sintomi senza analizzarne le cause.
L’inevitabile contrazione dei ricavi obbligherà imprenditori e amministratori a confrontarsi urgentemente sull’individuazione del punto di pareggio aziendale (Break Even Point) per poter svolgere un’accurata attività di verifica e ridimensionamento di alcuni costi e per predisporre al meglio i budget in un momento così complesso.
L’eccezionalità e la non prevedibilità della crisi dovuta al Covid-19 potrebbero mettere in difficoltà anche le aziende più solide, rischiando di causarne la perdita non solo di tessuto industriale e commerciale ma anche di posti di lavoro.
Inoltre, l’alone d’incertezza che circonda l’evolversi degli scenari, fa sì che sia impossibile effettuare previsioni sulla fine del lockdown e, di conseguenza, sulla durata delle ripercussioni economiche della pandemia. Stante lo scenario così come rappresentato, la continuità aziendale nel 2020 rischia di essere messa a dura prova.
Nuovo Debito per le Imprese
Non deve passare inosservato come la quasi totalità degli interventi statali messi in campo o di imminente varo, sono tutti basati sulla messa a disposizione di liquidità nuova: ma, attenzione, si tratta sempre di nuovo debito per le imprese, seppur garantito dallo Stato alle banche erogatrici.
Nuovo debito vuol dire che alla fine del pre-ammortamento si dovrà restituire quanto attinto e per far questo occorrerà aver messo in sicurezza il conto economico delle imprese, diversamente la crisi finanziaria è solo posticipata. Questa nuova liquidità deve servire per riprendere fiato e non far collassare il Sistema. Ma solo con una gestione profittevole si potranno generare risorse per fronteggiare il nuovo debito.
Il nuovo debito deve essere speso nel modo opportuno e devono essere create le premesse perché, tamponata in qualche modo la crisi finanziaria, non ci sia la temuta crisi economica: dopo questa, inevitabilmente, si ricade nella crisi finanziaria. È un circolo pericoloso che solo se ben governato può e deve diventare “virtuoso”.
Professionisti e Consulenti NON si potranno più limitare a fare gli accompagnatori. Bisognerà invece aspirare ad essere guide preparate, saggi e coscienti dei nostri Clienti Imprenditori. Solo così potremo contribuire a salvare, almeno parzialmente, il nostro Territorio da un continuo ed inesorabile impoverimento che non risparmierebbe nessuno.