17 Apr Decreto Liquidità: alcune Considerazioni e Riflessioni
Le Misure sul Credito alle Imprese appena introdotte dal Decreto Liquidità, al di là delle valutazioni di merito, sono destinate a produrre effetti reali per le imprese in tempi troppo incerti e prevedibilmente non brevi: se tutto andrà bene le imprese potranno vedere nuova liquidità nelle proprie casse non prima dell’estate, allorché saranno sfinite.
È naturale che emerga, allora, una sensazione di delusione per i vincoli, i limiti, le durate troppo brevi e i tempi di concessione troppo lunghi degli aiuti finanziari alle imprese.
Come nelle fasi posteriori agli eventi bellici o sismici gravi, anche per il post pandemia Covid-19 è ipotizzabile uno scenario di forte ripresa economica, i cui tempi e intensità dipenderanno però dall’ampiezza e distribuzione delle imprese che saranno riuscite a ristrutturarsi, dalla disponibilità reddituale dei consumatori, dall’elasticità della domanda e, non ultimo, dallo stato di prostrazione accumulato. Per questo motivo è assolutamente necessario cercare subito di preservare la vita della maggior parte delle imprese.
Impresa e Pandemia Covid-19: Crisi di Liquidità
È già in atto, infatti, una drammatica crisi di liquidità, senza precedenti, dovuta soprattutto alla caduta dei fatturati e alle difficoltà di
cassa che derivano dal crollo della capacità dei clienti di onorare le proprie obbligazioni.
Per i debiti bancari il D.L. n. 18/2020 ha già previsto una prima misura che consente una sospensione, troppo breve però, dei termini per il rimborso delle rate dei mutui e finanziamenti e il blocco delle possibili revoche degli affidamenti bancari. Ma l’onda montante delle insolvenze dei clienti/debitori, a loro volta in difficoltà, e la forte frenata degli incassi futuri (almeno per quest’anno) per la caduta delle vendite, potrebbe travolgere la possibilità di recuperare la liquidità indispensabile a riprendere il ciclo normale dell’attività aziendale ed a recuperare le capacità competitive sul mercato.
È stato appena pubblicato il nuovo D.L. n. 23/2020 che merita qualche riflessione, a caldo, sulle misure di natura finanziaria adottate. La prima notazione implica una considerazione di sistema. Quando si verificano eventi straordinari di grande portata (guerre, terremoti e simili) si generano per lo più due diverse conseguenze. Quella umanitaria, di sofferenze e vite stroncate o mutilate, e quella economica, di distruzione di ricchezza e di strutture produttive. A queste ultime si cerca di dare sollievo con contribuzioni a fondo perduto a fronte degli eventi esogeni (tipici in passato sono stati i risarcimenti per danni di guerra o tellurici) nella misura dell’entità delle spese per la ricostruzione.
La ripresa economica è invece per lo più sostenuta da finanziamenti agevolati. Ci si attendeva, quindi, che almeno la parte dei danni economici subiti per provvedimenti autoritativi di chiusura delle attività venisse ristorata con contributi a fondo perduto.
Va preso atto che questo non è avvenuto (salvo la trascurabile previsione dei 600 euro per due mesi e quella del credito d’imposta sui fitti dei locali commerciali chiusi), essendo le misure varate, oltre che dirette a fornire un reddito minimale ai cittadini in difficoltà (interventi sociali), destinate a favorire la ripresa delle attività economiche.
Una seconda considerazione sul Decreto Liquidità
La seconda considerazione induce a pochi serrati sorrisi di soddisfazione per le misure sul credito alle imprese appena adottate dal Decreto Liquidità.
Al di là delle valutazioni di merito, infatti, esse sono destinate a produrre effetti reali per le imprese in tempi troppo incerti e prevedibilmente non brevi, diversamente da quello che invece merita la situazione d’urgenza in corso.
La loro attuazione dipende, infatti, in primo luogo dall’approvazione da parte della Commissione Europea, che richiede tempi di istruttoria, scambi di pareri etc., non compatibili con il grave stato di prostrazione delle imprese.
Vanno aggiunti poi i tempi di istruttoria per la valutazione creditizia delle banche per concedere i prestiti e perfezionare le relative garanzie (immaginiamo i tempi burocratici di stipula dei relativi atti pubblici), ad eccezione dei microprestiti fino a 25.000 euro che verranno concessi con un certo automatismo.
Una terza considerazione sul Decreto Liquidità
La terza considerazione, collegata alla precedente, rimarca la mancanza di un’illuminata e coraggiosa lungimiranza nel predisporre intanto delle misure-ponte di immediata operatività. Tale poteva essere la potente leva dell’agevolazione dello smobilizzo della enorme massa dei crediti commerciali delle imprese, scaduti dopo fine febbraio e in scadenza almeno fino al termine dell’anno 2020.
Sarebbe stato necessario finanziare le banche a tasso simbolico da parte della Cassa DDPP vincolando le risorse all’acquisto del 100% dei crediti commerciali delle imprese pro-soluto con scarti limitati (1-3%) e con garanzia sull’insoluto da parte del Fondo Centrale di Garanzia, ponendo le commissioni a carico dello Stato. Le sofferenze potevano essere convogliate in apposito veicolo, con o senza cartolarizzazione, da gestire nei tempi necessari.
In alternativa
In alternativa, ma senza avere in contropartita gli attivi aziendali dei crediti, si sarebbero potuti attivare finanziamenti bancari, garantiti dallo Stato tramite CCDDPP, vincolati al pagamento dei debiti di fornitura, sulla falsariga del meccanismo del 2016 di finanziamento bancario attuato per il terremoto delle Marche per il pagamento dei tributi.
Si sarebbe trattato di veri aiuti in termini di immissioni immediate di liquidità che oltretutto avrebbero liberato le imprese da una preoccupazione notevole; quella delle insolvenze della clientela messa in ginocchio dalla crisi della pandemia.
Una quarta considerazione sul Decreto Liquidità
La quarta riflessione riguarda il merito delle misure finanziarie più corpose nominalmente adottate dal decreto, che mobilizzano “carta” (garanzie) per 400 miliardi a sostegno di finanziamenti concessi in primo luogo a coloro (imprenditori, lavoratori autonomi e professionisti) che hanno esaurito la loro capacità di accesso al Fondo di Garanzia sotto qualsiasi forma.
La garanzia verrà prestata dalla SACE col pagamento di una commissione (di mercato o quasi) a carico delle imprese e di fatto, quindi, senza alcuna reale agevolazione. Sono previste, inoltre, condizioni di erogazione, quali il divieto di distribuire dividendi per l’intero anno 2020 e l’obbligo di gestire i livelli occupazionali con accordi sindacali.
C’è anche il vincolo di destinazione del finanziamento a sostenere costi del personale, gli investimenti o il capitale circolante (scorte) impiegati in unità produttive ubicate in Italia. In questo modo si esclude, ad esempio, il rimborso delle rate dei mutui bancari (quando cesserà la moratoria), degli scoperti bancari a scadenza, dei debiti commerciali di ogni tipo.
Una sensazione di delusione
È naturale che emerga, allora, una non proprio latente sensazione di delusione per i vincoli, limiti, durate troppo brevi e tempi di concessione prevedibilmente non brevi, che si stempera appena un poco considerando la possibilità di avvalersi della procedura semplificata di concessione dei finanziamenti (sola delibera della banca) per imprese non grandi (fatturato fino a 1,5 miliardi e dipendenti fino a 5000 unità).
Una quinta considerazione sul Decreto Liquidità
Positive sono, ed è la quinta considerazione, le valutazioni che riguardano gli aiuti alle micro imprese, beneficiarie in automatico di finanziamenti fino a 25.000 euro con garanzia totale dello Stato, nonché il rinvio all’1 settembre 2021 del Codice della Crisi d’Impresa e la disapplicazione temporanea fino al 31 dicembre 2020 della disciplina del Codice Civile sulla riduzione del capitale sociale per perdite accertate nei bilanci approvati fino a tale data, oltre a quella di presunzione di esistenza delle condizioni di continuità aziendale, da eseguire con riguardo al bilancio precedente al 23 febbraio 2020 e alla sospensione dell’operatività dell’art. 2497, del Codice Civile, sulla postergazione dei finanziamenti dei soci.
Una sesta considerazione sul Decreto Liquidità
La sesta e ultima riflessione va fatta sinteticamente alle misure di sostegno del lavoro, che è centrale e prioritario e che non possono limitarsi a quelle sulla cassa integrazione in deroga generalizzata.
Una vera innovazione sarebbe quella, avanzata autorevolmente da Mario Draghi, di privilegiare il mantenimento in attività dei lavoratori in luogo della fruizione delle casse integrazioni di vario tipo.
Al loro posto andrebbero erogati contributi pubblici alle imprese, possibilmente di fonte comunitaria in quanto si tratta in concreto di indennizzi per perdite produttive dovute a cause esogene e straordinarie, vincolati alla copertura dei costi da sostenere per la conservazione dei rapporti di lavoro nel quadro di nuovi piani produttivi e strategici di rientro delle eccedenze, facendo ricorso soprattutto a nuove tecnologie.
A livello sociale ciò permetterebbe di rispettare la dignità dei lavoratori e conservare la loro autostima in vista della ripresa ed a livello economico di mantenerne il potere d’acquisto per garantire che i consumi non subiscano una compressione che pregiudicherebbe la ripresa.
Va aggiunto l’auspicio che i vari redditi di emergenza esistenti siano correlati a prestazioni di lavoro degli inattivi; solo in agricoltura si stima la carenza di 2-2,5 milioni di addetti.
Quanti di questi posti sono offerti ai percipienti i redditi anzidetti?
È una constatazione non richiesta e forse non generalmente condivisa ma, da addetti ai lavori quali siamo, non potevamo risparmiarcela.